Jump to content

Popetti

ROTW Members
  • Posts

    579
  • Joined

  • Last visited

  • Days Won

    57

Everything posted by Popetti

  1. Auguriiiii, buon compleanno pellaccia
  2. Sono 33 anni che Gilles non c'è più. Dall'8 maggio dell'82. Nel giro di rientro ai box durante le qualifiche del Gran Premio del Belgio, Gilles tirava come non riusciva a non fare e volò sulla ruota della March di Jochen Mass. La sua Ferrari si impennò e nel ricadere al suolo lo sbalzò fuori dall'abitacolo. Gilles Villeneuve finì così la sua breve ma intensa vita contro un paletto delle reti di protezione.
  3. Potevano nascere amicizie e qualche volta storie d'amore. Lunghe un giorno e qualche volta lunghe una vita. Erano gli anni Sessanta e settanta, era il periodo d'oro dell'autostop. Eravamo tutti più spensierati, e in quel modo di viaggiare c'era l'entusiasmo semplice delle nuove generazioni che sentivano, anche in Italia, il vento hippy che già soffiava in America. Le cinture di sicurezza erano ancora un'optional e sulle strade dominavano la scena le Fiat, le Opel Kadett, le Ford Escort, i Maggiolini, le Alfa. Il linguaggio dell'autostoppista era universale; si esponeva il pollice e si aspettava che qualcuno accostasse, per poi accertarsi che si potesse condividere l'intero itinerario o almeno qualche chilometro. "Comunione e locomozione", parafrasava ironico qualcuno. C'erano il fascino dell'avventura e la voglia di scoprire il mondo, di allacciare nuovi contatti, casuali, certo, ma più veri e diretti rispetto a quelli delle odierne chat. E, particolare non trascurabile, era tutto gratis. Si faceva l'autostop per andare a scuola, in vacanza, a ballare. Senza confini; la destinazione poteva essere dietro l'angolo o dall'altra parte dell'Europa, Fidenza o Barcellona, Milano o Parigi. Gli autostoppisti erano per lo più giovani, mentre la categoria dei "taxisti per caso" comprendeva trasversalmente avvocati e operai, impiegati e casalinghe della porta accanto, universitari, insegnanti e camionisti a lunga percorrenza. E su entrambi i fronti tanti erano gli habituè. Il viaggio, in qualche modo, non era soltanto geografico ma anche nell'esperienza. Negli anni Ottanta è iniziato il declino, le strade sono diventate più pericolose e ai "paninari" l'autostop non si addiceva. Oggi questo modo di viaggiare è quasi scomparso e sulle nostre autostrade sono spariti perfino i vistosi cartelli che a lungo intimavano minacciosi "No Autostop". Resiste ancora in alcuni paesi del nord come Olanda e Svezia. Soltanto in estate, sulle strade Italiane, capita di ritrovarsi davanti qualche "reduce" temerario che, zaino in spalla e vento in faccia, sfida tempo e spazio in attesa di un passaggio. Ma è chiaro che quella stagione appartiene ormai al passato, il desiderio di esplorare e condividere hanno lasciato il posto alla diffidenza e alla paura. E gli orizzonti, anche umani, si sono ristretti, serrati dalle barriere dell'indifferrenza, blindati dall'orrore quotidiano che ci viene trasmesso dai notiziari, ogni giorno, ogni ora. Oggi i margini delle strade sono popolati da prostitute e schiere di disperati, la prudenza e il buonsenso consigliano, quasi impongono, di "non aprire più quella portiera". La società e le sue derive ci hanno costretto a raggiungere, anche sulla carreggiata, quella che Sartre definì l'"età della ragione". Resta, però, tanta nostalgia, per quei viaggi e quelle vacanze. Ricordi romantici e bizzarri, tra sacchi a pelo e percorsi incerti. Altro che treni super veloci; per arrivare a Vieste poteva rivelarsi utile anche la scassata Renault Dauphine guidata da una suora diretta in Puglia. Bastava avere fiducia...e pazienza.
  4. Bella gara, ma che sudata con l'Alfone, alla fine ero cotto Nonostante i numerosi errorini quà e là e un paio di sportellate assolutamente non volute, mi sono divertito veramente tanto a tirare più che potevo con un paio di bei duelli Il più interessante è stato con Iraci nella seconda metà di gara, avevamo più o meno lo stesso ritmo e ad ogni errorino eravamo vicini ma con correttezza e senza rischiare più di tanto All'ultimo giro vedo Bernardo che arriva lungo alla penultima curva (mi sfugge come si chiama) e come un condor sbavante cerco di approfittarne chiudendo bene la curva per affiancarlo nel breve rettilineo per poi stare all'esterno del tornantino più che potevo. Ero sul cordolo quando in accelerazione mi parte il posteriore e, data la vicinanza, lo tocco sulla fiancata mandandolo verso il muro Scusami tanto Bernardo, spero sia chiaro che è stato solo un errore Chiedo scusa anche a nonmiricordochi per l'ingresso alla garibaldina e conseguente sportellata nei primi giri Quasi dimenticavo...la cigliegina sulla torta arriva a metà dell'ultimo giro, quando sento in ts che il Pinguo resta senza benza... Ciao, alla prossima
  5. Presente ma senza H edit: rettifico, una H ce l'ho.. se dopo la gara serve a qualcuno...a disposizione
  6. Ciao ragazzi...no no, non sono ubriaco Scusatemi se ho postato così senza dire nulla, ho voluto pubblicare al volo un'articolo che mi è sembrato molto interessante. Magari potete anche pensare sia roba da "vecchi" come il Pinguo.. e forse lo è però a me piacciono molto le letture che, in ogni caso, impongono una riflessione, anche minima. Buona lettura
  7. Con la tecnologia siamo sempre connessi agli altri. Ma abbiamo davvero sconfitto la solitudine? di ALBERTO MANGUEL TUTTI i nostri plurali sono in fin dei conti singolari. Che cosa ci porta, dalla fortezza del nostro io, a cercare la compagnia e la conversazione con altri esseri che ci rispecchiano all’infinito nello strano mondo in cui viviamo? Il mito platonico sugli esseri umani che, all’origine del mondo, avrebbero avuto una doppia natura poi divisa in due dagli dèi, spiega fino a un certo punto la nostra ricerca: cerchiamo con nostalgia la nostra metà perduta. E tuttavia, abbracci, discussioni, sport di contatto non sono mai sufficienti a infrangere la nostra certezza di individualità. I nostri corpi sono burqa che ci schermano dal resto del genere umano, e non c’è bisogno che Simeone lo Stilita salga in cima a una colonna nel deserto per ritrovarsi isolato dai suoi simili. Siamo condannati alla singolarità. Ogni nuova tecnologia, tuttavia, offre un’ennesima speranza di ricongiungimento. Le pitture nelle caverne riunirono i nostri antenati a discutere le memorie collettive di caccia al mammut, le tavolette di argilla e i rotoli di papiro permisero loro di dialogare con i lontani e con i morti. Gutenberg creò l’illusione che non siamo unici e che ogni copia del Don Chisciotte sia uguale a ogni altra (un trucco che non ha mai del tutto convinto la maggior parte dei lettori del Don Chisciotte). Riuniti davanti ai nostri televisori, abbiamo assistito al primo passo di Armstrong nello spazio e, non contenti di far parte di quell’immensa folla contemplativa, abbiamo inventato nuovi dispositivi elettronici che creano e raccolgono amici immaginari ai quali confidiamo i nostri segreti più delicati e per i quali postiamo i nostri ritratti più intimi. In nessun momento del giorno o della notte siamo inaccessibili: ci siamo resi disponibili agli altri nel sonno, durante i pasti, mentre viaggiamo, siamo in bagno o facciamo l’amore. Abbiamo reinventato l’occhio di Dio che tutto vede. La silenziosa amicizia della luna non è più nostra, come lo fu per Virgilio, e abbiamo abbandonato «le assise del dolce silenzioso pensiero» ( the sessions of sweet silent thought ) di cui godette Shakespeare. Solo il rispuntare su internet di vecchie conoscenze risveglia in noi il ricordo delle cose passate. Gli amanti non possono restare assenti per sempre, o gli amici lontani: con il tocco di un dito li possiamo raggiungere, così come essi possono raggiungere noi. Soffriamo il contrario dell’agorafobia: siamo ormai perseguitati da una presenza costante. Sono sempre tutti qui. Quest’ansia di essere circondati dalle parole e dai volti degli altri permea tutte le nostre storie. Nella Roma di Petronio, Encolpio vaga in un museo per vedere le immagini degli dèi nei loro intrecci amorosi e sapere di non essere il solo a provare le pene dell’amore. In Cina, nel secolo VIII, Du Fu scrisse che un vecchio studioso vede nei suoi libri il popoloso universo vorticare come un vento d’autunno. Al-Mutanabbi, nel decimo secolo, paragonò la carta e la penna che aveva davanti al mondo intero: al deserto con le sue trappole e alla guerra con le sue esplosioni. Per Petrarca, il museo era la sua biblioteca. «Sono posseduto da una passione inesauribile che finora non ho potuto né voluto frenare. Non riesco a saziarmi di libri », dice. «I libri ci danno un diletto che va inprofondità, discorrono con noi, ci consigliano e si legano a noi con una sorta di famigliarità attiva e penetrante; e il singolo libro non insinua soltanto se stesso nel nostro animo, ma fa penetrare in noi anche i nomi di altri, e così l’uno fa venire il desiderio dell’altro». Werther, al contrario, vuole solo un libro: il suo Omero, che è, dice, un Wiegengesang [«ninna nanna»] che lo culla. Per Emma Bovary, i libri sono tutta la compagnia di cui ha bisogno per riflettere sulla propria passione erotica. Per il Capitano Nemo, la sua biblioteca possiede le uniche voci umane che meritano di essere risparmiate dalla distruzione. In ogni caso, l’individuo è ossessionato dalla ricerca di altri che gli dicano chi sono. «Only connect!», devi solo cercare le connessioni, dice Margaret in Casa Howard di Forster. Ma anche la connessione deve avere i suoi limiti. La quinta edizione del Dsm (il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), pubblicato nel 2013 dalla American Psychiatric Association, elenca l’Internet Gaming Disorder, la dipendenza dai giochi in rete, come una patologia che porta a «un significativo disturbo o disagio clinico». Ciò che Petrarca avrebbe chiamato malinconia, e il dottor Faust « das Herzverbrennen » , [«un fuoco che consuma il cuore»], il Dsm lo definisce depressione associata a sindrome da astinenza (quando la tecnologia si rompe) e a un senso di insoddisfazione (quando non si riesce a concludere). Il risultato finale è lo stesso. La ricerca degli altri — per giocare insieme, per mandargli un messaggio, o una email, per telefonargli o contattarli via Skype — stabilisce le nostre identità. Noi siamo, o diventiamo, perché qualcuno riconosce la nostra presenza. Il motto dell’era elettronica è quello che riassume la filosofia di Berkeley: « esse est percipi » , «essere è essere percepiti ». Tutti i nostri sforzi per essere — pienamente, assolutamente, felicemente — con gli altri, falliscono. «Noi viviamo insieme, agiamo l’uno sull’altro, e reagiamo l’uno all’altro», ha scritto Aldous Huxley in Le porte della percezione , «ma sempre e in ogni circostanza siamo soli con noi stessi. I martiri quando entrano nell’arena si tengono per mano, ma sono crocifissi da soli. Abbracciati, gli amanti cercano disperatamente di fondere le loro estasi isolate in una singola autotrascendenza; invano. Per la sua stessa natura, ogni spirito incarnato è condannato a soffrire e a godere in solitudine». La folla di amici promessi da Facebook, le moltitudini di corrispondenti che vogliono collegarsi con noi nel cyberspazio, i mercanti di promesse che offrono fortune in terre straniere, partner in orge virtuali, allungamenti del pene e ingrandimenti delle mammelle, i sogni più dolci e una vita migliore, non possono far nulla contro la malinconia essenziale per cui Platone immaginò la sua storia. «Post coitum omne animal est triste», «dopo un rapporto sessuale, ogni animale è triste », avrebbe detto Aristotele, aggiungendo: «tranne il gallo, che poi canta». Forse tutti i rapporti — con le immagini, con i libri, con la gente, con gli abitanti virtuali del cyberspazio — generano tristezza perché ci ricordano che, alla fine, essenzialmente e irrimediabilmente, siamo soli.
  8. Ocio eh! festeggiate lontano dalle mie lamiere :crasd:
  9. Auguri Vittò, Buon compleanno
  10. hihi, era in offerta e ho preferito abbondare melius abundare quam deficere
  11. raffreddamento ad azoto liquido??
  12. Grazie Saverio Ieri sera mi dava connesso anche con la 2.5, speriamo questa sia meglio
  13. Se avete il portafogli bello gonfio e per tagliar la testa al toro con i problemi di compatibilità, questa non è male l'unica pecca è che supporta solo DX11.2. http://www.pixmania.it/schede-grafiche/gigabyte-geforce-gtx-titan-black-6-gb-gddr5-pci-express-3-0-gv-ntitanblkd5-6gd-b/22115477-a.html
  14. Mingh...ci vuole quasi uno stipendio per tutte e due
  15. Trovato da un vecchio amico Grazie ragazzi
  16. Popetti

    Auguri

    Auguriii Buon Natale
  17. Ciao David, ti ringrazio molto per l'offerta, però per quello che ci devo fare la configurazione che hai è un pò troppo spinta Forse ho già trovato un ferro vecchio che può fare al caso mio...a prezzo simbolico
  18. Ciao ragazzi, come da topic, cerco: 1 monitor LCD usato 17\19 ", vanno benissimo anche quelli vecchi 4\3 1 scheda madre per Pentium4, oppure (forse è meglio) MB completa di cpu e ram tipo AMDx2 o simile Il tutto naturalmente a poco prezzo + SS
  19. Se c'è ancora posto mi piacerebbe partecipare Giuseppe Reali GUID=76561198113931598 Livrea a caso o solar yellow Grazie
  20. Popetti

    Auguri Aris

    Buon compleanno vecchio marpione, 100 di questi giorni
  21. Ne abbiamo parlato giusto l'altra sera con i mie compagni di merende con l'impossibilità di regolare la pressione del freno, la cella di carico dovrebbe essere la migliore soluzione. Comunque se quella che hai trovato ha gli stessi valori "dovrebbe" andare bene. Di solito, la scheda con i chip di gestione, come quasi tutte le schede con componenti elettronici, o va o non va, però ci potrebbe essere qualche problema con una resistenza, un diodo in esaurimento o una saldatura "fredda" che, ossidandosi col tempo, non fa passare un segnale elettrico sufficientemente pulito e poi ti da quelle ascillazioni che hai descritto. Magari prova a recarti in un buon negozio di elettronica, di quelli che fanno anche riparazioni, e chiedi se possono provare i componenti. Ciaooo
  22. AUGURIIII buon compleannoI!!!
×
×
  • Create New...