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IL VIAGGIO E L'AVVENTURA: L'età dell'autostop


Popetti
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Potevano nascere amicizie e qualche volta storie d'amore. Lunghe un giorno e qualche volta lunghe una vita.
Erano gli anni Sessanta e settanta, era il periodo d'oro dell'autostop.

Eravamo tutti più spensierati, e in quel modo di viaggiare c'era l'entusiasmo semplice delle nuove generazioni che sentivano, anche in Italia, il vento hippy che già soffiava in America.
Le cinture di sicurezza erano ancora un'optional e sulle strade dominavano la scena le Fiat, le Opel Kadett, le Ford Escort, i Maggiolini, le Alfa.
Il linguaggio dell'autostoppista era universale; si esponeva il pollice e si aspettava che qualcuno accostasse, per poi accertarsi che si potesse condividere l'intero itinerario o almeno qualche chilometro.
"Comunione e locomozione", parafrasava ironico qualcuno.
C'erano il fascino dell'avventura e la voglia di scoprire il mondo, di allacciare nuovi contatti, casuali, certo, ma più veri e diretti rispetto a quelli delle odierne chat.
E, particolare non trascurabile, era tutto gratis.
Si faceva l'autostop per andare a scuola, in vacanza, a ballare.
Senza confini; la destinazione poteva essere dietro l'angolo o dall'altra parte dell'Europa, Fidenza o Barcellona, Milano o Parigi.
Gli autostoppisti erano per lo più giovani, mentre la categoria dei "taxisti per caso" comprendeva trasversalmente avvocati e operai, impiegati e casalinghe della porta accanto, universitari, insegnanti e camionisti a lunga percorrenza. E su entrambi i fronti tanti erano gli habituè.
Il viaggio, in qualche modo, non era soltanto geografico ma anche nell'esperienza.
Negli anni Ottanta è iniziato il declino, le strade sono diventate più pericolose e ai "paninari" l'autostop non si addiceva.
Oggi questo modo di viaggiare è quasi scomparso e sulle nostre autostrade sono spariti perfino i vistosi cartelli che a lungo intimavano minacciosi "No Autostop".
Resiste ancora in alcuni paesi del nord come Olanda e Svezia.
Soltanto in estate, sulle strade Italiane, capita di ritrovarsi davanti qualche "reduce" temerario che, zaino in spalla e vento in faccia, sfida tempo e spazio in attesa di un passaggio.
Ma è chiaro che quella stagione appartiene ormai al passato, il desiderio di esplorare e condividere hanno lasciato il posto alla diffidenza e alla paura.
E gli orizzonti, anche umani, si sono ristretti, serrati dalle barriere dell'indifferrenza, blindati dall'orrore quotidiano che ci viene trasmesso dai notiziari, ogni giorno, ogni ora.
Oggi i margini delle strade sono popolati da prostitute e schiere di disperati, la prudenza e il buonsenso consigliano, quasi impongono, di "non aprire più quella portiera".
La società e le sue derive ci hanno costretto a raggiungere, anche sulla carreggiata, quella che Sartre definì l'"età della ragione".
Resta, però, tanta nostalgia, per quei viaggi e quelle vacanze. Ricordi romantici e bizzarri, tra sacchi a pelo e percorsi incerti.
Altro che treni super veloci; per arrivare a Vieste poteva rivelarsi utile anche la scassata Renault Dauphine guidata da una suora diretta in Puglia.
Bastava avere fiducia...e pazienza.

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Io che faccio parte della "gioventu' d'oggi" devo purtroppo concordare con voi, mi piacerebbe essere nato molto prima, ma ormai ci sono in questa generazione e seppur non in tutti i lati ma in qualcosa mi ci devo "amalgamare".

Comunque bellissimo articolo Pop, pure l'altro sull'infelicita' digitale mi era piaciuto un sacco.

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